Il direttore d’orchestra responsabile dell’ADHD

Vi siete mai sentiti impazienti?

Il piede tamburella, le gambe non riescono a stare ferme mentre le mani si muovono senza trovare una posizione. Rispondete prima che sia finita la domanda, interrompete chi sta parlando e siete nervosi. Quello che volete, lo volete adesso.

Ecco, questo è ciò che prova costantemente una persona con ADHD.

La vita non è facile quando ti viene chiesto comunque di trascorrere molte ore seduto composto al tuo banco e devi alzare la mano prima di parlare. Anche giocare con i coetanei diventa complicato se hai difficoltà a rispettare i ruoli ed i turni che ti vengono assegnati.

Aspettare il regalo di compleanno è una tortura perché tu vorresti tutto subito.

Essere impulsivi significa agire senza pensare, ovvero non essere in grado di fermarsi e pensare alle conseguenze di ciò che stiamo facendo o dicendo.

Esiste una piccola area del nostro cervello chiamata talamo, la quale gestisce l’inibizione delle risposte. Il talamo funziona come un semaforo, mandando segnali per consentire o per fermare un determinato comportamento. Quando il cervello rileva la luce rossa, si attiva il centro di controllo che gestisce le manifestazioni emotive ed il problem solving.

Nel cervello ADHD, il semaforo è rotto e tende a mandare il segnale con un lieve ritardo, facendo in modo che la persona si accorga del danno solo dopo averlo fatto.

Parlavo senza alzare la mano, interrompevo la classe con i miei scoppi di rabbia e mi alzavo dal banco così spesso che sono stupito che non abbiano mai utilizzato il nastro adesivo per tenermi fermo. Mi chiedevano perché facessi così, ma non sapevo dare una risposta… nemmeno a me stesso! Non mi piaceva attirare tutta quella attenzione negativa su di me. Mi sentivo umiliato.

Il controllo degli impulsi è una delle componenti più difficili per le persone con l’ADHD:

  • interrompono le conversazioni, anche quando non hanno nulla di significativo da dire

  • si distraggono dalle loro stesse distrazioni

  • non distinguono i desideri dai bisogni: tutto è urgente

  • adottano comportamenti rischiosi o autodistruttivi

  • non riescono ad aspettare, come se non avessero mai tempo da perdere

In alcuni casi può essere presente anche iperattività, intesa come la tendenza ad essere sempre in movimento e a mettere in atto gesti non finalizzati (tamburellare, cambiare continuamente posizione, aprire e chiudere cose, ecc). Spesso queste persone appaiono goffe e maldestre e posso essere facilmente etichettate come “fastidiose” e “maleducate”, anche se non agiscono con la volontà di nuocere agli altri.

Ma perché fanno così? Perché non riescono a controllarsi?

T. Brown della Yale University School of Medicine ha proposto un modello interessante per spiegare le difficoltà delle persone con ADHD a partire dalle funzioni cognitive.

Brown paragona le abilità mentali ad un insieme di musicisti talentuosi i quali, però, in assenza di un valido direttore d’orchestra che selezioni cosa e come suonare, che scandisca il tempo e che stabilisca l’inizio e la fine dei brani, non sono in grado di produrre una sinfonia armoniosa.

Le funzioni esecutive possono essere considerate il direttore d’orchestra del nostro cervello e sono responsabili della nostra motivazione/attivazione, della pianificazione/organizzazione, della gestione temporale e della memoria di ciò che stiamo facendo mentre lo stiamo facendo.

Nelle persone con ADHD, il direttore d’orchestra è pigro e tende ad addormentarsi spesso sul posto di lavoro, lasciando i musicisti in balia di se stessi ed incapaci di coordinarsi al meglio.

Quindi non c’è niente che possiamo fare?

Fortunatamente qualcosa c’è!

In psicoterapia cognitivo comportamentale esistono dei programmi di allenamento e di potenziamento delle funzioni cognitive che permettono di esercitare le abilità carenti come se fossero dei muscoli. In questo modo si può imparare gradualmente a controllare l’impulsività e la distrazione, ci si esercita a formulare dei piani d’azione e a tollerare la frustrazione.

La persona impara molto sul suo disturbo mediante la psicoeducazione, e questo la aiuta a gestire il senso di colpa legato ai sintomi. Le emozioni vengono esplorate e validate, migliorando anche la competenza sociale e l’autostima.

In alcuni casi, l’associazione con un intervento farmacologico consente una maggiore aderenza alla psicoterapia e risultati in tempi più brevi.

Amami quando lo merito meno, perché sarà quando ne avrò più bisogno

Catullo

dott.ssa Chiara Bosia

Psicologa Psicoterapeuta