Gli effetti della meditazione sul cervello

Il cervello umano è un organo molto complesso. Anche se crediamo di avere un controllo sui nostri pensieri, sulle nostre emozioni e sui nostri comportamenti, il 90% dell’attività cerebrale avviene al di sotto del livello della nostra consapevolezza.

I neuroni comunicano grazie a centinaia di trilioni di connessioni in grado di modificarsi, indebolirsi e rinforzarsi in base alle nostre esperienze e ai nostri pensieri.

Anche in questo momento, mentre state leggendo, il vostro cervello si sta modificando sulla base delle nuove informazioni che state immagazzinando.

Questo processo di costante adattamento ed apprendimento prende il nome di neuroplasticità: se immaginiamo le connessioni tra neuroni come dei percorsi, scopriremo che alcuni di essi sono maggiormente utilizzati, come se fossero delle autostrade. Quelle sono le nostre abitudini.

Ci sono poi milioni di strade secondarie e di sentieri che tendiamo a percorrere meno e che, col tempo, tendono a scomparire come se fossero ricoperti dalle erbacce.

Quando facciamo un’esperienza diversa dal solito, però, è come se iniziassimo a delineare un nuovo percorso, una nuova connessione, un nuovo modo di fare e/o pensare qualcosa. In questo modo la vecchia strada viene meno utilizzata e tende a ridursi, mentre quella nuova si fa sempre più battuta.

Questo processo è valido nel bene e nel male: più ci preoccupiamo e più diventiamo bravi a preoccuparci; più ci esercitiamo ad essere calmi e focalizzati e più possiamo rinforzare questo aspetto.

La buona notizia è che noi possiamo modellare intenzionalmente la struttura del nostro cervello. La Psicoterapia Cognitivo Comportamentale (CBT – Cognitive Behavioral Therapy) agisce proprio su questo principio, identificando i percorsi disfunzionali ed aiutando la persona a crearne di nuovi, lavorando sulla ristrutturazione dei pensieri e sull’acquisizione di nuove abilità di comportamento.

Oltre alla psicoterapia, però, sempre più ricerche a riguardo hanno dimostrato l’efficacia della meditazione e della mindfulness nel potenziamento delle strutture cerebrali.

La parola “mindfulness” traduce il termine “sati” in lingua Pali che significa “attenzione consapevole”, ovvero “l’atto di vivere il momento presente con il cuore.”

Si tratta di una pratica semplice e complessa allo stesso tempo che mira a farci acquisire maggiore consapevolezza dei nostri pensieri, delle nostre emozioni e delle nostre azioni, insieme alle loro relative conseguenze su noi stessi e sugli altri.

L’attenzione diventa volontaria e non giudicante e gli stati interni vengono osservati per quello che sono, senza la pretesa di modificarli.

Tale abilità consente di padroneggiare meglio le difficoltà della vita, con un atteggiamento più costruttivo e maggiormente orientato alla soluzione dei problemi piuttosto che all’autocommiserazione.

Come avviene tutto ciò? 

Quando ci sentiamo preoccupati, distratti o bloccati nel raggiungimento di un obiettivo, l’attività del nostro cervello è dominata da una struttura evolutivamente molto antica e condivisa con tutti i vertebrati: l’amigdala. Questa piccola regione cerebrale collocata nella parte più profonda dell’encefalo funge da sentinella per le nostre emozioni. È una sorta di interruttore che attiva le reazioni più istintive sulla base delle informazioni che riceve dall’esterno.

In particolare, l’amigdala ha un ruolo fondamentale nella gestione della risposta di “attacco o fuga” che mettiamo in atto quando percepiamo una minaccia.

È stato dimostrato come l’amigdala si riduca di dimensione dopo aver praticato la mindfulness. Inoltre, le connessioni funzionali tra l’amigdala e la corteccia prefrontale vengono indebolite, portando ad una minore reattività e permettendo ad altre funzioni di rinforzarsi (ad esempio l’attenzione e la concentrazione).

Oltre a ciò, è stato registrato un aumento nella densità di materia grigia nelle seguenti aree cerebrali:

  • corteccia cingolata anteriore: associata a processi di autoregolazione e alla flessibilità cognitiva

  • corteccia prefrontale: responsabile delle principali funzioni esecutive, come la pianificazione, il problem solving e la regolazione emotiva

  • ippocampo: parte del sistema limbico implicata nell’apprendimento e nella memoria. quest’area sembra essere estremamente suscettibile allo stress e ai disturbi ad esso correlati, come la depressione o il disturbo post traumatico da stress.

Tali dati sono stati ottenuti mediante risonanze magnetiche funzionali in soggetti che praticavano la mindfulness con regolarità.

Quindi, perché non provarci subito?
Per i più curiosi, ecco un video per una meditazione di 1 minuto: buona visione!

 

Dott.ssa Chiara Bosia

Psicologa Psicoterapeuta